CINEMA TREVI - ARCHIVIO NAZIONALE -PROGRAMMA FEBBRAIO 2007

  

1-2 febbraio Lo splendore del vero. Il mondo di Roberto Rossellini
terza parte

1 febbraio Ricordando Alessandro Blasetti

3-9 febbraio I clandestini del cinema italiano

10-15 febbraio Scrivere per il cinema: Tullio Pinelli

16 febbraio Jack Palance, un duro a Cinecittà

17-28 febbraio Krzysztof Kieslowski: il caso e la necessità

1-2 febbraio

Lo splendore del vero. Il mondo di Roberto Rossellini

terzo parte
La retrospettiva Lo splendore del vero. Il mondo di Roberto Rossellini, curata dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale e dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali, in collaborazione con Rai Teche, si chiude con le proiezioni di alcuni interessanti documentari che analizzano l’uomo e il regista sotto molteplici aspetti, dal cinema alla televisione, passando per la passione per la scienza e profonde riflessioni sulla vita. L’ultimo film (ri)proposto, Vanina Vanini (1961), fortemente osteggiato quando uscì nelle sale, ben simboleggia i sentimenti contrastanti che hanno accompagnato l’attività di Rossellini e risuona come un invito ad un’analisi più globale, quale si è cercato di fare con la presente retrospettiva.

giovedì 1
ore 16.00

Ritratto di Roberto Rossellini

a cura di Gian Luigi Rondi; origine: Italia; produzione: Rai; durata: 49’
Analisi del cinema rosselliniano, dal neorealismo a Blaise Pascal, attraverso dichiarazioni del regista e immagini dei suoi film. Fra i temi affrontati, il metodo di lavoro, i ritratti di donna, la figura dello straniero nel suo cinema, ovvero colui che viene a trovarsi in mezzo a persone che non lo capiscono, emblema di un cinema (e di un uomo) spesso incompreso.
copia proveniente da Rai Teche - ingresso gratuito

ore 17.00
Addo’ sta Rossellini? (1997)
Regia: Alberto Grifi e Michele Schiavino; origine: Italia; produzione: Lab.2029; durata: 77’
Un lavoro “in progress” cominciato in occasione della manifestazione Cinememorie a Salerno e girato sulla costiera amalfitana, nel nome e nel ricordo di un «Rossellini visto dai poveri», nei luoghi e tra la gente che ha partecipato alla nascita di capolavori come Paisà e Il miracolo. Un modo tutto particolare (complici il piglio filmico “da battaglia” di Grifi e il progetto creativo-produttivo di Michele Schiavino) di ricostruire le tracce dei set e dei volti rosselliniani, dando un “nome” a quei ricordi, a quei luoghi, a quelle immagini, a quelle persone che costituiscono uno dei pezzi fondamentali del cinema di tutti i tempi.
ingresso gratuito

ore 18.30
Roberto Rossellini - I segreti di un mito (1969)

Regia: Ugo Gregoretti; a cura di Gastone Favero; origine: Italia; produzione: Rai; durata: 62’

Ugo Gregoretti intervista Rossellini su vari temi, dai rapporti con i registi della Nouvelle Vague alla ricerca della verità nelle sue opere, dalle difficoltà incontrate nella lavorazione di Roma città aperta alla tecnica dello zoom, utilizzata per risparmiare tempo e denaro, dalla contestazione avvenuta al Festival di Venezia alla violenza e all’aggressività diffusi nella società. Dal cinema alla vita, come nei suoi film.

copia proveniente da Rai Teche - ingresso gratuito

ore 19.30
La montagna del sapone (2001)
Regia: Riccardo Zoffoli; origine: Italia; durata: 23’
Ai tempi di Europa ’51 la borgata di Primavalle veniva chiamato la montagna del sapone perché era talmente povera che non c’era niente se non un insieme di casette basse e senza bagni, dei terribili e desolanti dormitori pubblici. Riccardo Zoffoli intervista le persone che, residenti a Primavalle, hanno avuto la possibilità di lavorare in un film come Europa ’51, ma soprattutto di conoscere un uomo come Roberto Rossellini.
ingresso gratuito

ore 20.00
Il était une fois... Rome ville ouverte (2006)
Regia: Marie Genin, Serge July; soggetto e sceneggiatura: M. Genin, S. July; origine: Francia; produzione: Folamour Productions; durata: 52’; v.o.; sott. it.
Per sapere tutto ma proprio tutto sulla lavorazione di un film ormai leggendario come Roma città aperta non bisogna assolutamente perdere il documentario Il était une fois... Rome ville ouverte,co-realizzato dalla regista e produttrice Marie Genin e dal direttore di Libération Serge July e presentato con successo all’ultimo Festival di Cannes. Il documentario è prodotto per France 5 e TCM e appartiene a una serie intitolata Il était une fois... un grand film e racconta la nascita di un nuovo cinema (il neorealismo) attraverso la liberazione di Roma dal fascismo.

Ricordando Alessandro Blasetti
Corrono i vent’anni dalla morte di Alessandro Blasetti (nato il 3 luglio 1900 e morto il 1 febbraio 1987) uno dei migliori registi del cinema italiano nonché uno dei padri fondatori del Centro Sperimentale di Cinematografia. Certamente ha sempre anticipato o iniziato mode e generi del nostro cinema: dal neorealismo al film a episodi, dalla commedia all’italiana al film inchiesta. Laureatosi in legge, comincia a lavorare come critico e giornalista per riviste cinematografiche come Il mondo dello schermo (che poi prese il nome di Cinematografo) e Lo spettacolo d’Italia. Nel 1927 fonda insieme a un gruppo di amici la casa di produzione Augustus. Due anni dopo esordisce con Sole un’opera importante – oggi quasi del tutto perduta – ispirata alle pellicole del realismo sovietico. I film successivi, da quelli in costume come La corona di ferro (1940), Fabiola (1948) alla poesia intimistica di Quattro passi tra le nuvole (1942) e Prima comunione (1950), o alla commedia garbata dai tempi comici perfetti Peccato che sia una canaglia (1954), sono percorsi sorretti da una ricerca continua verso il nuovo, attenti a non tradire mai le attese migliori dello spettatore, considerato sempre l’interlocutore principale. Questo piccolo omaggio al “regista con gli stivali” è un anticipo di una retrospettiva in programma nell’autunno 2007.

ore 21.00
Sole (1929)
Regia: Alessandro Blasetti; soggetto e sceneggiatura: A. Blasetti, Aldo Vergano; interpreti Marcello Spada, Vasco Creti, Dria Paola, Vittorio Vaser; origine: Italia; durata: 10’
«Alla fine degli anni ’20 gli abitanti di una vasta zona paludosa nell’Agro Pontino sono in fermento perché, in seguito alla bonifica avviata dal governo fascista, sono stati sfrattati [...]. Primo film di Alessandro Blasetti, muto con l’aggiunta di un commento musicale di Mario De Risi. L’unica copia esistente, custodita dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, fu trafugata dai nazisti dopo l’8 settembre 1943. Ne è rimasto soltanto il primo rullo (260 m.) con i titoli di testa» (Morandini).

a seguire
Quattro passi tra le nuvole (1942)
Regia: Alessandro Blasetti; soggetto: Piero Tellini, Cesare Zavattini; sceneggiatura: C. Zavattini, Giuseppe Amato, A. Blasetti, Aldo De Benedetti, P. Tellini; interpreti: Gino Cervi, Adriana Benetti, Giuditta Rissone, Carlo Romano; origine: Italia; durata: 91’

«Città contro campagna, corruzione contro onestà: nonostante le apparenze, niente a che vedere con l’esaltazione ruralista di Mussolini. Qui è lo spirito populista di Zavattini [...] a prendere il sopravvento sulla regia solitamente “tirannica” (ma sempre puntuale) di Blasetti. Del resto, la crisi coniugale e la compromissione amorosa non erano certi temi graditi al regime, soprattutto se introdotti da efficaci squarci di degradazione urbana. Un piccolo grande film che contribuì a incrinare irreparabilmente gli edificanti ritratti ufficiali, anticipando umori e caratteri che sarebbero emersi compiutamente nel periodo neorealista» (Mereghetti).

venerdì 2

ore 16.00 Il cinema della realtà (1969)

Regia: Gianni Amico; voce fuori campo: Enrico Rossetti; origine: Italia; produzione: Rai; durata: 47’
Un viaggio attraverso i luoghi del cinema neorealista con interviste a persone comuni che evocano i loro ricordi relativi alla lavorazione dei film ai quali hanno assistito, seguite da interviste ad Amidei, Pasolini, Rossellini, Moravia, De Sica, Zavattini, Visconti, Antonioni, Bertolucci, i fratelli Taviani, i quali parlano della nascita e dello sviluppo del neorealismo.
copia proveniente da Rai Teche - ingresso gratuito

ore 17.00
1949. Nelle terre di Dio (2000)
Regia: Pietro Balla; soggetto e sceneggiatura: P. Balla, Giuseppe Lorenti; montaggio: Walter Fasano; origine: Italia; produzione: Multithematiques Italia; durata: 50’
1949, due isole delle Eolie: Vulcano e Stromboli. Due set cinematografici. Due registi, due attrici. Una storia d’amore spezzata, una appena iniziata. Agosto 2000. Una piccola troupe sta girando un documentario su Roberto Rossellini, Ingrid Bergman, Anna Magnani. Si ricostruisce l’avventura che i tre intrapresero senza esclusione di colpi a pochi chilometri di distanza nell’aspro arcipelago.
copia proveniente da Deriva Film - ingresso gratuito

ore 18.00
Le radici del cielo. Rossellini visto dal basso (2006)
Regia: Giuseppe Bertucci; ideazione: G. Bertucci; origine: Italia; produzione: Ruggifilm; durata: 40’
Questo documentario raccoglie le testimonianze dei tecnici e delle maestranze che nel corso degli anni hanno lavorato con Roberto Rossellini. Ciò che ne esce è un regista «operaio», perché «era uno come noi, che lavorava con noi» (Michele Franculli, pittore). Manlio Rocchetti (trucco ed effetti speciali) spiega che nonostante ci fosse «l’operatore, era sempre Rossellini a muovere la macchina da presa. Sapeva il mestiere di tutti». Per Fernando Valento, detto “sceriffo”, di professione scenotecnico, era un «incantatore di serpenti» perché aveva una dialettica che letteralmente «t’imbambolava».
ingresso gratuito

ore 18.45
Rossellini, sognando la scienza (1997)
Regia: Claudio Bondì; origine: Italia; produzione: Rai Tre per la serie televisiva Format; durata: 50’
Tra il 1969 e il 1977 Roberto Rossellini si recò con assidua frequenza a Houston (Texas) presso la Rice University dove era professore associato nel Media Center. Vi era stato invitato dalla famiglia De Menil, miliardari di origine francese, che avevano promosso e finanziato la creazione di un dipartimento di cinema, televisione e arti visive presso quella università. Rossellini, sognando la scienza comincia proprio dal progetto rosselliniano statunitense di dieci ore dal titolo La scienza per tracciare un percorso dimostrativo di quanto il cineasta fosse influenzato dalla scienza, sin dai suoi esordi giovanili (Fantasia sottomarina). Fra interviste e sequenze di film, il regista Claudio Bondì svela anche del materiale inedito di Rossellini, conservato presso la De Menil Foundation.
copia proveniente da Rai Teche - ingresso gratuito

ore 19.30
presentazione del volume In viaggio con Rossellini (Edizioni Falsopiano) di Adriano Aprà. Interviene l’autore

ore 20.30
Vanina Vanini (1961)
Regia: Roberto Rossellini; soggetto: dal racconto omonimo di Chroniques Italiennes nell’adattamento di Franco Solinas e Antonello Trombadori; sceneggiatura: R. Rossellini, Diego Fabbri, Jean Gruault, Monique Lange; interpreti: Sandra Milo, Laurent Terzieff, Paolo Stoppa, Martine Carol; origine: Italia/Francia; durata: 125’
L’amore tra un giovane carbonaro e la principessa Vanini nella Roma papalina. Il film più controverso della filmografia rosselliniana, penalizzato dagli interventi in sede di montaggio del produttore Moris Ergas e dalle pesanti critiche per l’interpretazione della Milo. «Il film più viscontiano di Rossellini», secondo Morandini.
copia proveniente da Sony/Columbia

3-9 febbraio
I clandestini del cinema italiano
prima parte
I ritratti di 12 registi italiani protagonisti di un cinema non catalogabile, molto amato da certa critica, ma scarsamente distribuito. 12 omaggi ad autori cinematografici che, nonostante la poca visibilità, rappresentano degnamente il nostro cinema di questi anni. Ideata e diretta da Paolo Brunatto, filmaker e documentarista sperimentale fra i più quotati nel panorama internazionale, la serie I clandestini del cinema italiano, andata in onda nel 2006 su Cult, è la seconda parte di una trilogia cominciata con Schegge di Utopia. Il cinema underground italiano questo sconosciuto, che dovrebbe terminare con Il cinema senza futuro, ancora in lavorazione. Allergico al formato d’intervista tradizionale, Brunatto opta per una sperimentazione linguistico-visiva, facendosi aiutare, da un punto di vista squisitamente contenutistico-performativo, dal poeta Valentino Zeichen, autentica rivelazione di ciò che dovrebbe essere un critico cinematografico in televisione. «Ho continuato a tentare di scardinare il luogo comune dell’intervista televisiva e di approfondire il “genere” del ritratto audiovisivo», spiega Brunatto stesso, «genere, a mio avviso quasi inesplorato, ancora fermo all’aspetto sonoro e radiofonico, e contaminato dal terribile virus del talk-show, arma impropria in mano agli anchor-man di turno [...], che ancora non hanno capito che le domande, quasi sempre, contengono già la risposta [...]. Proprio per tutto questo ho chiesto al poeta Valentino Zeichen di aiutarmi in questo viaggio».

La rassegna inizia con l’omaggio a 6 registi, di ognuno dei quali verranno proposti alcuni significativi film.

sabato 3
ore 17.30
Medley – Brandelli di scuola (2000)
Regia: Gionata Zarantonello; soggetto e sceneggiatura: G. Zarantonello, interpreti: Ulisse Lendaro, Gaia Candiollo, Paolo Lombardi, Luca Mundo; origine: Italia; durata: 75’

Professori sadici e alunni assassini si fanno la guerra: dalle interrogazioni a sorpresa alle pistole e alle motoseghe. Primo film italiano trasmesso su Internet prima che in sala, vincitore del primo premio al Festival del Cinema Trash - Torino 1999, Medley – Brandelli di scuola è una «commedia horror-trash che con piglio assai provocatorio esaspera quella guerra che ogni giorno ha luogo fra le mura di una scuola dove gli studenti sono disposti a tutto per un voto in più» (De Luca).

ore 19.00
incontro con Paolo Brunatto, Tony De Bonis, Paola Di Poce, Giuseppe M. Gaudino, Valentino Zeichen

ore 20.00
I clandestini del cinema italiano – Omaggio a Gionata Zarantonello
Ideazione e regia: Paolo Brunatto; origine: Italia; prodotto da Giacomo Rossi e Stefano Rebecchi per Cult; durata: 45’
Valentino Zeichen, vestito come in un film di Tarantino, corteggia la bella studiosa di cinema Paola Di Poce e punzecchia, polemizza, provoca il giovane cineasta Gionata Zarantonello che prima di diventare regista si è fatto le ossa come assistente di produzione a Los Angeles. Con Medley – Brandelli di scuola ha creato un vero e proprio caso internazionale tanto che un distributore americano specializzato in splatter – la Troma – ne ha comprato i diritti. Con Uncut scardina una volta per tutte il cinema porno. Zarantonello, a un certo punto, riesce a fuggire da Zeichen, ma viene assediato da Brunatto che nel frattempo ha filmato tutto.

a seguire
Uncut (2003)
Regia: Gionata Zarantonello; soggetto: tratto da Basta che respirino. Il metodo del cuscino e altri stratagemmi per sopravvivere alle donne di G. Zarantonello; sceneggiatura: G. Zarantonello; interpreti: Franco Trentalance, Luisa Corleone, Morena Ciotoli, Cristina Mazzuzzi; origine: Italia; durata: 78’
«Con lo slogan “Un uomo può mentire, il suo pene no” arriva Uncut - Member Only, film senza tagli, ovvero un lunghissimo piano sequenza della durata di 78’ ambientati fra le gambe di un uomo, mentre il fuori campo diventa il motore della storia (che fra l’altro è un thriller). Definito “il più bizzarro film di sesso di tutti i tempi”, anche Zarantonello non sfugge alla logica dell’invisibilità» (Brunatto).
vietato ai minori di anni 18

domenica 4
ore 17.00
Tarzan nella macchia di Ceccano (1980)
Regia: Tony De Bonis; soggetto e sceneggiatura: T. De Bonis; interpreti: Cencio Cipriani, Susan Castell, Vincenzo Aversa, Roberta Scaccia; origine: Italia; durata: 41’
Un pensionato (Cencio Cipriani) è stanco di questa vita fatta di tasse, bollette, file agli uffici. Abbandona casa e famiglia e decide di diventare Tarzan... il Tarzan della macchia di Ceccano: libero da tutto e da tutti, difensore degli animali (pecore, maiali...). Ma il risveglio alla realtà è molto più crudele di ciò che si possa immaginare. Con Tarzan nella macchia di Ceccano De Bonis dimostra di non essere affatto uno sprovveduto nell’utilizzo della macchina da presa, riuscendo a far ridere, ma il più delle volte sono risate amare, venate da un neo-neoralismo essenziale e privo di facili retoriche. Spiazzante.

ore 18.00
I giardini di maggio (2002)
Regia: Tony De Bonis; soggetto: T. De Bonis, Pietro Giuliano; sceneggiatura: Gianluca Minotti, Massimo Sergio, T. De Bonis; interpreti: Paola Delli Colli, Gianluca Volpari, M. Sergio, Agostino Orossi; origine: Italia; durata: 70’
«I giardini di maggio è un film che ho in mente da alcuni anni. La storia è molto semplice: due anziani, un uomo e una donna, abitano, ciascuno con la propria famiglia, alla periferia di una grande città. Lontani dalla loro terra d’origine, sfruttati ed emarginati non solo dalla società che li circonda, ma perfino dai propri figli, essi vivono una condizione di estremo disagio, finché un giorno si conoscono. Nonostante l’età, nonostante siano entrambi vedovi e le loro famiglie li ostacolino, i due anziani si innamorano e decidono di fuggire per fare ritorno alla loro terra natia» (De Bonis).

a seguire
Il giudizio universale secondo Tony De Bonis (1997)
Regia: Tony De Bonis; sceneggiatura: T. De Bonis, Antonio Camilli; interpreti: Paola Delli Colli, Sandro Morato, A. Camilli, Vincenzo Aversa; origine: Italia; durata: 38’
Gabriella e Andrea passeggiano sulla spiaggia. Entrambi sono innamorati e hanno in progetto di sposarsi. Ma Gabriella ha una curiosità e si chiede ad alta voce se esistono l’Aldilà e il Giudizio Universale! La giovane coppia sarà accontentata diventando testimone di un giudizio universale del II millennio. Probabilmente il film più politico di De Bonis sia a livello contenutistico che formale. Il risultato è uno dei film più estremi: povertà ed essenzialità accentuano una poetica tutta rivolta agli umili e agli ultimi.

a seguire
La tentazione di Satana (2006)
Regia: Tony De Bonis; sceneggiatura: Filippo Palatta; interpreti: Paola Delli Colli, Enrico Riggi, Eugenio Alparone, Francesco Guarcini; origine: Italia; durata: 8’
Un uomo entra in chiesa e uccide un frate per rubare i diamanti. Contemporaneamente si svolge una battaglia “dialettica” tra l’Araldo di Dio (interpretata da Paola Delli Colli, “star” fissa delle opere del cineasta ciociaro) e Satana. Il risultato? Un’unione (involontaria) tra Straub-Huillet e Ciprì&Maresco con l’unica e sostanziale differenza che il cinema di De Bonis non ha alcuna mediazione intellettuale e la sua ridottissima messa in scena corrisponde letteralmente e staticamente a un piccolo presepe.

ore 20.15
I clandestini del cinema italiano – Omaggio a Tony De Bonis
Ideazione e regia: Paolo Brunatto; origine: Italia; prodotto da Giacomo Rossi e Stefano Rebecchi per Cult; durata: 43’
Boschi della Ciociaria. Set di un film di Tony De Bonis con attori improvvisati. Mentre il cineasta ciociaro dirige, Brunatto, Zeichen e Di Poce disquisiscono di trash. Per Brunatto «De Bonis fa un cinema talmente trash, che paradossalmente diventa cult». Per Zeichen è un «cinema naif, puro, delle origini, “rosselliniano”». Di fronte a questi intellettualismi, De Bonis sorride, annuisce e conclude: «Mah... io faccio tutto questo per divertire e divertirmi». Alcuni titoli sono entrati nell’immaginario collettivo cinefilo più “estremo”: Tarzan nella macchia di Ceccano, Cencio il vampiro, Per un pugno di salsicce. 53 film in trent’anni di carriera. Commovente.

a seguire
Quella sporca guerra in Ciociaria del 1944 (2006)
Regia: Tony De Bonis; soggetto e sceneggiatura: T. De Bonis; interpreti: Paola Delli Colli, Gianluca Volpari, Rita Mariani, Lucio Torti; origine: Italia; durata: 50’
Rivisitazione tutta personale del celebre film La Ciociara, dove al posto di Sophia Loren recita Paola Delli Colli. Il film dedicato a tutte le donne ciociare che hanno subito violenze durante l’ultima guerra mondiale del 1944 in Ciociaria. L’opera pone l’accento su una delle sue pagine più buie: “le marocchinate”, ovvero le violenze perpetrate ai danni delle donne dai soldati marocchini. «I comuni di Esperia, Castro dei Volsci, Amaseno, in particolare» spiega De Bonis «furono martoriati da questo punto di vista e la tragedia è ancora più grande se si pensa che i ciociari aspettavano i liberatori e si imbatterono nei violentatori».

a seguire
Una croce sulla collina (1978)
Regia: Tony De Bonis; soggetto e sceneggiatura: T. De Bonis; interpreti: Nicola Cerroni, Rocco Iannucci, Vincenzo Cipriani, Abramo Cussini; origine: Italia; durata: 77’
8 settembre 1943. Nonostante l’armistizio i raid nazisti si fanno sempre più frequenti e più violenti. Le vittime non sono solo i partigiani, ma anche donne e bambini. La Resistenza secondo Tony De Bonis: lunghi piani sequenza, volti di attori non professionisti attoniti – sia che interpretino le vittime sia i carnefici! – sperduti nella vegetazione ciociara, alternati a veri e propri squarci documentaristici del mondo contadino. Un lirismo talmente autentico da diventare a tratti risibile, a tratti commovente, privo di retoriche come un certo cinema di Sergio Citti.

lunedì 5
chiuso

martedì 6
ore 17.00
Il richiamo (1992)
Regia: Claudio Bondì; soggetto e sceneggiatura: C. Bondì; collaborazione ai dialoghi: Paola Pascolini, Alessandro Ricci, Ottavio Rosati; interpreti: Ivano Marescotti, Silvia Cohen, Bruno Bendoni, Daniela Morelli; origine: Italia; durata: 97’
«Ex critico e regista tv di programmi storici e culturali, Bondì con questo film offre un saggio in costume su felicità e infelicità, sogni e bisogni, ricordi e passioni, Chiesa, Stato e popolo in un’opera che indaga fra le maglie del potere mettendo sempre in primo piano l’Uomo coi suoi sentimenti e i suoi desideri. [...] Quasi un cinema fuori del tempo, quello di Bondì; capace di rifiutare gli orpelli stilistici e narrativi di una regia sempre misurata e poco esibizionista» (Fontanini).

ore 18.45
L’educazione di Giulio (2001)
Regia: Claudio Bondì; soggetto: tratto dal romanzo Torino, via Giulio 22 di C. Bondì; sceneggiatura: C. Bondì; interpreti: Alessandro Pelizzon, Roberto Accornero, Giorgia Porchetti, Francesca Vettori; origine: Italia; durata: 90’
«L’educazione di Giulio ha il merito di raccontarci, attraverso la presa di coscienza etica e anticonformista del futuro storico dell’arte [Giulio Carlo Argan], la Torino degli anni Trenta, con raffinato minimalismo e senza folgore. Il liceo Cavour, il primo amore, i “malati” e i “borghesi”, Bobbio e i Mila, i Levi e gli Einaudi» (Bo).

ore 20.30
I clandestini del cinema italiano – Omaggio a Claudio Bondì
Ideazione e regia: Paolo Brunatto; origine: Italia; prodotto da Giacomo Rossi e Stefano Rebecchi per Cult; durata: 45’
«Claudio Bondì, studioso di cinema, saggista, aiuto di Roberto Rossellini e autore di documentari culturali per la tv, ha realizzato tre film indipendenti che hanno avuto pochissima visibilità, ma che sono di grandissimo interesse: De reditu – Il ritorno (2004), Il richiamo (1992), e L’educazione di Giulio (2000). Sono film nascosti, come pitture rupestri. Venti dell’anima. Il cinema di Bondì è capace di far riflettere sulle scelte personali, dettate dal cuore, dalle passioni, senza mai soffermarsi sulle banalità, ma arrivando direttamente all’immaginario, e andando oltre, per far vibrare i sentimenti di libertà» (Brunatto).

a seguire
De reditu (Il ritorno) (2004)
Regia: Claudio Bondì; soggetto: liberamente ispirato al Diario di Claudio Rutilio Namaziano; sceneggiatura: Alessandro Ricci, C. Bondì; interpreti: Elia Schilton, Rodolfo Corsato, Romuald Andrzej Klos, Roberto Herlitzka; origine: Italia; durata: 100’
De reditu è la cronaca del viaggio che Rutilio Namaziano, ex praefectus Urbi, compie per tornare da Roma alla sua Gallia, per mare perché le vie consolari sono disastrate e insicure. Siamo infatti all’inizio del V secolo, all’indomani del sacco di Roma ad opera dei Goti di Alarico. «Il film insolito, affascinante e interessante, girato con la magnifica fotografia di Marco Onorato in uno stile non solenne ma nobilmente pacato, ha interpreti molto bravi, soprattutto Roberto Herlitzka [...] e il protagonista Elia Schilton» (Tornabuoni).

mercoledì 7
ore 17.00
Il bacio di Giuda (1988)
Regia: Paolo Benvenuti; soggetto e sceneggiatura: P. Benvenuti; collaborazione alla sceneggiatura: Marcella Nicolini, Gianni Menon; interpreti: Carlo Bachi, Giorgio Algranti, Emidio Simini, Marina Barsotti; origine: Italia; durata: 85’
«Tratto dai quattro Vangeli canonici e dai sette Vangeli apocrifi, il film parte da un’idea di base: il tradimento di Giuda era un atto indispensabile alla missione di Cristo e alla salvezza dell’umanità. La messa in scena dell’esordiente Benvenuti è rigorosa, essenziale, fin troppo astratta. Gli attori, non professionisti, contribuiscono alla dimensione mitica del racconto» (Morandini).

ore 18.30
Confortorio (1992)
Regia: Paolo Benvenuti; soggetto: tratto da una ricerca di Simona Foà; sceneggiatura: P. Benvenuti, Giuseppe Cordoni, S. Foà, Gianni Lazzaro; interpreti: Emidio Simini, Franco Pistoni, Emanuele Carucci Viterbi, Adriano Jurissevic; durata: 83’
Nella Roma del ’700 due ragazzi ebrei sono condannati a morte per furto e devono lottare per non accettare la conversione in extremis che gli vorrebbero imporre. «Un film d’interni e di attori, che osserva quasi del tutto le regole canoniche della tragedia (unità d’azione, di luogo, di tempo) facendo della claustrofobia senza scampo la sua dimensione e il suo senso profondo. Un esempio di cinema italiano rigoroso, originale, ammirevole. E purtroppo ignorato nelle sale. Il titolo si riferisce al luogo in cui i condannati trovavano “conforto” nell’ultima notte della loro esistenza» (Mereghetti).

ore 20.00
I clandestini del cinema italiano – Omaggio a Paolo Benvenuti
Ideazione e regia: Paolo Brunatto; origine: Italia; prodotto da Giacomo Rossi e Stefano Rebecchi per Cult; durata: 44’
Valentino Zeichen si presenta vestito da inquisitore per processare il regista Paolo Benvenuti. La motivazione è quella di un cinema troppo lento, fatto di estenuanti piani sequenza. La risposta dell’ex pittore, che ha abbandonato la tavolozza per imbracciare la cinepresa seguendo il verbo di Rossellini da una parte e quello di Straub-Huillet dall’altra, non tarda ad arrivare: «Il cinema è strumento di conoscenza, ma è anche una rappresentazione. La realtà ha un ordine razionale come l’inquadratura cinematografica che non a caso è un rettangolo e non un cerchio. Un film che dichiara la propria teatralità e messa in scena, non ha colpa. Quando invece si vedono eclatanti movimenti di macchina, per me è cattivo cinema».

a seguire
Gostanza da Libbiano (2000)
Regia: Paolo Benvenuti; soggetto e sceneggiatura: P. Benvenuti, Stefano Bacci, Mario Cereghino; collaborazione alla sceneggiatura: Lele Biagi, Valentino Davanzati, Basilio Franchina; interpreti: Lucia Poli, Valentino Davanzati, Renzo Cerrato, Paolo Spaziani; origine: Italia; durata: 92’
1594, San Miniato al Tedesco (Granducato di Toscana). Monna Gostanza da Libbiano, anziana contadina che fa la levatrice e cura con erbe medicinali, è processata per stregoneria. Fiaccata dalle torture, la donna ribalta la sua posizione confessando alle autorità ecclesiastiche un’inesistente attività stregonesca. «“Cinepresa” a “quarta parete”, regia ascetica e artigianale di Paolo Benvenuti, stilisticamente ispirata a certi classici del cinema e della pittura, costruzione contemplativa antica e a volte necessariamente retro. Più del solito lo stile “a togliere” di Benvenuti esalta la performance dell’attore, qui difficile prova di teatro della crudeltà» (Danese).

giovedì 8
ore 17.00
Les yeux ne veulent pas en tout temps se fermer ou Peut-être q’un jour Rome se permettra de choisir à son tour / Othon (Gli occhi non vogliono in ogni tempo chiudersi o Forse un giorno Roma si permetterà di scegliere a sua volta / Otone, 1969)
Regia: Jean-Marie Straub e Danièlle Huillet; soggetto: Othon di Pierre Corneille; sceneggiatura: J.M. Straub e D. Huillet; interpreti: Adriano Aprà, Anne Brumagne, Olimpia Carlisi, Ennio Lauricella; origine: RFT/Italia; durata: 88’
«Il testo detto nel film è il testo originale francese completo di Pierre Corneille, gli attori lo hanno durante tre mesi letto, imparato, provato, esercitato, ed è stato poi – unicamente recitato a memoria – registrato durante quattro settimane sui luoghi stessi: sempre nello stesso tempo dell’immagine. I sottotitoli italiani cercano di comunicare un’impressione della lingua di Corneille, molto serrata eppure semplice, molto moderna eppure straniera; questi sottotitoli sono una traduzione [...] sempre letterale, eppure frammentaria del testo parlato, e non c’è nemmeno bisogno di leggere tutti questi sottotitoli: sono lì offerti alla scelta dello spettatore, come segnali» (Straub).

ore 18.30
Operai, contadini (Ouvriers, paysans / Arbeiter, Bauern, 2001)
Regia: Danièle Huillet e Jean-Marie Straub; soggetto: tratto dal romanzo Donne di Messina di Elio Vittorini; sceneggiatura: D. Huillet e J.M. Straub; interpreti: Angela Nugara, Giacinto Di Pascoli, Giampaolo Cassarino, Enrico Achilli; origine: Italia; durata: 123’
«In fila, uno accanto all’altro, i personaggi leggono un testo, immobili, di fronte a un invisibile pubblico o tribunale, perché la tensione di ogni immagine, il movimento dolce e durissimo del film nasce dal lavoro sulla visualità, sulla luce sospesa, allargata, in sintonia con i rumori impercettibili di quel bosco che è il luogo senza nome e senza tempo [...]. Forse Straub-Huillet vanno al di là di Vittorini come il resto nell’aderenza a ogni testo [...] col quale hanno impastato il loro cinema, grazie all’alchimia speciale che rende la parola corpo tangibile come quello degli attori» (Piccino).

ore 20.45
I clandestini del cinema italiano – Omaggio a Jean-Marie Straub e Daniélle Huillet
Ideazione e regia: Paolo Brunatto; origine: Italia; prodotto da Giacomo Rossi e Stefano Rebecchi per Cult; durata: 51’
Primavera 2005. Il Piccolo Teatro di Buti. Jean-Marie Straub e Daniélle Huillet stanno provando lo “spettacolo” Quei loro incontri tratto da I dialoghi di Leucò di Cesare Pavese. In seguito lo spettacolo diventerà film. Brunatto e Zeichen “invadono” il teatro. Se per Ghezzi, per l’occasione intervistato da Brunatto, è un «cinema prometeico, costituito da inquadrature fatali; un’unione tra Lang e Rossellini», per Zeichen è un «cinema fermo, un cinema dell’intelligenza, dove cioè la parola conta molto. Questa capacità di raccontare senza raccontare. L’azione è dispersione, in qualche modo pornografica. La verità della parola. Il significato profondo delle parole».

a seguire
Sicilia! (1998)
Regia: Jean-Marie Straub e Danièle Huillet; soggetto: tratto dal romanzo Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini; sceneggiatura: J.M. Straub e D. Huillet; interpreti: Gianni Buscarino, Angela Nugara, Vittorio Vigneri, Carmelo Maddio; origine: Francia/Italia; durata: 66’
«Con Sicilia!, tratto dalla Conversazione di Vittorini – altro autore più vilipeso che dimenticato da usi che sembrano innalzare l’arte sottaciuta dei traduttori –, il teatro della guerra di classe non può più essere mostrato. Ma è proprio dagli astratti furori del 1937-38 che Huillet-Straub traggono uno dei film più belli e profetici» (Masoni).

venerdì 9

ore 17.00

Berlinguer ti voglio bene (1977)
Regia: Giuseppe Bertolucci; soggetto e sceneggiatura: Roberto Benigni, G. Bertolucci; interpreti: Roberto Benigni, Alida Valli, Carlo Monni; origine: Italia; durata: 95’
«Libera rielaborazione di un monologo teatrale [...], è il duplice esordio nel cinema di Bertolucci Jr. (1947) e Benigni (1952). Casto nelle immagini e di torrentizia scurrilità genitale nei dialoghi, è un film anomalo fondato su diverse contraddizioni: stridente coabitazione di comico e drammatico; enormità delle provocazioni verbali e tenerezza delicata a livello figurativo; un protagonista che è, insieme, moderno e arcaico; miscuglio di intelligenza campagnola e estri surrealisti. Uscì troppo presto e fu un insuccesso» (Morandini).

ore 19.00
Troppo sole (1994)
Regia: Giuseppe Bertolucci; soggetto: G. Bertolucci; sceneggiatura: David Riondino, Sabina Guzzanti, G. Bertolucci; interpreti: S. Guzzanti; origine: Italia; durata: 90’
«Non s’era mai vista un’attrice dar vita a un piccolo esercito di personaggi-maschera, tutti talmente perfetti da risultare astratti, mostruosi, vagamente inquietanti. Perché c’è pure una storia in questo “One Woman Show”, e naturalmente ha a che fare con la tv, “doppio” completo della realtà, simulacro totale (o totalitario?) del mondo visibile. [...] Ma bisogna vedere Sabina Guzzanti, ricciuta o pelata, sexy o mostruosa, fosforescente o monastica. E bisogna sentirla dar voce con precisione da etnologo alle più diverse parlate regionali e ad almeno tre varianti del romano di oggi [...]. Tutto finto, tutto vero: come gli sfondi più kitsch, che non sono stati costruiti per il film, sono discoteche in attività sulla riviera romagnola» (Ferzetti).

ore 20.45
I clandestini del cinema italiano – Omaggio a Giuseppe Bertolucci
Ideazione e regia: Paolo Brunatto; origine: Italia; prodotto da Giacomo Rossi e Stefano Rebecchi per Cult; durata: 45’
«La nomina di Giuseppe Bertolucci a presidente della Cineteca di Bologna, deve avere in parte alleviato [...] un lecito disappunto per il non adeguato “box-office” di alcuni suoi film, nonostante la scelta di utilizzare comici del calibro di Roberto Benigni, Paolo Rossi e Sabina Guzzanti. [...] L’impegno filmico di Giuseppe Bertolucci, che troppo spesso il grande pubblico non ha capito e apprezzato, è stato quello di tentare la via di un cinema poetico, manipolando materiali, usando codici diversi da quelli tradizionali, dunque un’operazione sottile, ardita e rischiosissima» (Brunatto).

a seguire
Tuttobenigni (1986)
Regia: Giuseppe Bertolucci; soggetto e sceneggiatura: Roberto Benigni, G. Bertolucci; interpreti: R. Benigni; origine: Italia; durata: 85’
«Nato come programma televisivo a puntate è la registrazione in diretta di spettacoli effettuati in giro per l’Italia da Roberto Benigni nel 1983. La Rai non lo mandò in onda (forse per alcune battute non troppo riverenti nei confronti di Craxi – soprattutto – e Andreotti). Il materiale, ripreso in mano da Bertolucci, è stato rimontato con taglio più cinematografico e minor durata. Presentato al Festival di Salsomaggiore nel 1985» (Poppi).

10-15 febbraio
Scrivere per il cinema: Tullio Pinelli
La Cineteca Nazionale rende omaggio a uno dei più grandi sceneggiatori italiani del dopoguerra, Tullio Pinelli, con una rassegna di alcuni dei più significativi film ai quali ha collaborato nel corso della sua lunghissima carriera. Da Germi a Fellini, passando per Lattuada, Rossellini, Monicelli, De Santis, Cavani (e molti altri), Pinelli incarna alla perfezione l’immagine dello sceneggiatore: sempre pronto a mettersi al servizio degli altri (e soprattutto del film), con generosità e entusiasmo, e a ritrarsi per lasciare ad altri la luce del palcoscenico. Pinelli, in tal senso, è stato l’alter ego del regista, l’immagine riflessa, che traspare sullo schermo solo in controluce, ma nelle cui intuizioni è spesso racchiuso il senso e il buon esito di un film. Due documentari, curati l’uno dal figlio Carlo Alberto, l’altro da Tullio Kezich, consentiranno allo spettatore di conoscere chi sia realmente l’uomo che si cela dietro il nome sui titoli di testa: un signore di altri tempi, raffinato ed elegante, che con inconsueta leggerezza ha attraversato il cinema italiano.
La rassegna presenta anche un breve omaggio a Carlo Alberto Pinelli, celebre documentarista, con la proiezione di alcuni suoi lavori, diretta testimonianza di passioni e sentimenti che si tramandano di padre in figlio.

sabato 10
ore 17.00

Le notti di Cabiria (1957)

Regia: Federico Fellini; soggetto e sceneggiatura: F. Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli; collaborazione ai dialoghi: Pier Paolo Pasolini; interpreti: Giulietta Masina, François Perier, Franca Marzi, Enio Girolami; origine: Italia/Francia; durata: 110’
Un’ingenua prostituta, Cabiria, si illude di aver trovato l’uomo giusto e di rifarsi una vita, ma i suoi sogni si spezzano violentemente. Memorabile la sequenza nella villa di Amedeo Nazzari. «È possibile che Le notti di Cabiria sia il più diseguale dei film di Fellini, ma i momenti forti sono di tale intensità che esso diventa per me il suo film migliore. Fellini ha corso molti rischi scegliendo di muoversi in Le notti di Cabiria in diverse direzioni e rinunciando in partenza all’unità di tono per sperimentare più campi molto difficili. Che forza in quest’uomo, che dominio bonario della scena, che padronanza sicura e quale invenzione divertita!» (Truffaut).

ore 19.00

Il bidone (1955)

Regia: Federico Fellini; soggetto e sceneggiatura: F. Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano; interpreti: Broderick Crawford, Giulietta Masina, Richard Basehart, Franco Fabrizi; origine: Italia; durata: 112’
Un anziano bidonista, stanco della sua vita di espedienti e piccole truffe, decide di mollare tutto, ma i suoi complici la pensano diversamente. «Non v’è l’arcana poesia de La strada data dal paesaggio indifferente e maestoso, dal passaggio lento delle stagioni estranee alla pena e alla solitudine dell’uomo. In compenso Il bidone è più complesso, ha un’orchestrazione più elaborata. Il tema felliniano dei conti da rendere a qualcuno che ci trascende è meno univoco, più clamoroso, quasi gravido di presenze impalpabili ma certe perché meno metafisiche, più legate a ciò che risulta semplicemente umano» (Bianchi).

ore 21.00
La dolce vita (1960)
Regia: Federico Fellini; soggetto e sceneggiatura: F. Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli, Brunello Rondi; interpreti: Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Anouk Aimée, Yvonne Furneaux; origine: Italia/Francia; durata: 173’

Film emblema del cinema italiano, incursione felliniana nel mito in decomposizione della Roma by night, immortalata dai paparazzi e dagli sguardi del protagonista. «Il film – uno dei film più terribili, più alti e a modo suo più tragici che ci sia accaduto di vedere su uno schermo – è la sagra di tutte le falsità, le mistificazioni, le corruzioni della nostra epoca, e il ritratto funebre di una società in apparenza ancora giovane e sana che, come nei dipinti medioevali, balla con la Morte e non la vede, è la “commedia umana” di una crisi che, come nei disegni di Goya o nei racconti di Kafka, sta mutando gli uomini in “mostri” senza che gli uomini facciano in tempo ad accorgersene» (Rondi).

Edizione restaurata a cura di Mediaset - Cinema Forever

domenica 11
ore 18.00
Il teatro del mondo. Incontro con Tullio Pinelli (1998)
Regia: Franco Giraldi; a cura di Tullio Kezich; origine: Italia; produzione: Csc; durata: 57’

Tullio Pinelli conversa con Tullio Kezich in luoghi a lui particolarmente cari, Pitigliano e Cinecittà, rievocando le tappe salienti della sua vita, dalla giovinezza a Torino all’arrivo a Roma, dalla passione per il teatro all’approdo al cinema, dall’amicizia con Pavese all’incontro con Fellini. Per approdare poi a riflessioni sulla religione e sul senso della vita che nobilitano l’incontro tra due dei più grandi personaggi del cinema italiano.

ore 19.00
Senza pietà (1948)
Regia: Alberto Lattuada; soggetto: Tullio Pinelli, Federico Fellini da un’idea di Ettore M. Margadonna; sceneggiatura: F. Fellini, A. Lattuada, T. Pinelli; interpreti: Carla Del Poggio, John Kitzmiller, Giulietta Masina, Folco Lulli; origine: Italia; durata: 90’

A Livorno, finita la guerra, una ragazza, cerca disperatamente il fratello, aiutato da un soldato americano, ma finisce in un giro di droga e prostituzione. Girato nella pineta di Tombolo, «è il secondo viaggio infernale compiuto da Lattuada (dopo Il bandito) nell’Italia disintegrata dell’immediato dopoguerra. [...] Il regista ritrae un universo livido e senza vie d’uscita, dove la messinscena crudelmente realistica assume via via connotazioni simboliche» (Mereghetti).

ore 21.00

Amore e ginnastica (1973)

Regia: Luigi Filippo d’Amico; soggetto: Suso Cecchi d’Amico, Tullio Pinelli, Luigi Filippo d’Amico da un racconto di Edmondo De Amicis; sceneggiatura: Suso Cecchi d’Amico, Tullio Pinelli, Luigi Filippo d’Amico; interpreti: Senta Berger, Lino Capolicchio, Adriana Asti, Antonino Faà Di Bruno; origine: Italia; durata: 112’
Torino 1892. L’ex seminarista Simone si innamora di un insegnante di ginnastica che vive nel suo palazzo, la quale si dedica anima e corpo all’educazione fisica, senza pensare alla vita privata e al matrimonio, resistendo alle insistenti attenzioni non solo di Simone, ma anche di un altro inquilino. Attenta ricostruzione della Torino di fine ottocento, dipinta con simpatia da Luigi Filippo d’Amico che si avvalse della consulenza del torinese Pinelli.
Il film viene presentato nella versione restaurata dalla Cineteca Nazionale e dal Cus Torino in occasione delle manifestazioni culturali collegate all’Universiadi Invernali di Torino 2007.

lunedì 12
chiuso

martedì 13
ore 17.00
In nome della legge (1949)
Regia: Pietro Germi; soggetto: Giuseppe Mangione dal romanzo Piccola pretura di Giuseppe Guido Lo Schiavo; sceneggiatura: Mario Monicelli, Federico Fellini, Tullio Pinelli, G. Mangione, P. Germi; interpreti: Massimo Girotti, Charles Vanel, Camillo Mastrocinque, Saro Urzì; origine: Italia; durata: 99’
Un giovane pretore, inviato in un paese della Sicilia, combatte la mafia, ma si scontra con l’omertà della popolazione. La morte di un ragazzo con il quale ha stretto amicizia lo spinge ad andare avanti. «Il film unisce uno schema narrativo “all’americana”, di dichiarata ispirazione fordiana, al tentativo di porre le basi ideologiche e linguistiche di un cinema populista e civile» (Mereghetti). In un colpo solo Germi anticipa il cinema di impegno civile e il western all’italiana.

ore 19.00
Il cammino della speranza (1950)
Regia: Pietro Germi; soggetto: Federico Fellini, P. Germi, Tullio Pinelli dal romanzo Cuori negli abissi di Nino De Maria; interpreti: Raf Vallone, Elena Varzi, Saro Urzì, Franco Navarra; origine: Italia; durata: 101’
Un gruppo di minatori siciliani parte per la Francia in cerca di lavoro. Pagano un mediatore per passare il confine, ma l’uomo li denuncia. Opera corale, concepita da Germi coma una ballata popolare, con intenti nobilissimi e echi melodrammatici. Orso d’argento al festival di Berlino.

ore 21.00
Alfredo Alfredo (1972)
Regia: Pietro Germi; soggetto e sceneggiatura: Piero De Bernardi, Leo Benvenuti, Tullio Pinelli, P. Germi; interpreti: Dustin Hoffman, Stefania Sandrelli, Carla Gravina, Saro Urzì; origine: Italia/Francia; durata: 110’
Il timido impiegato Alfredo s’innamora di una ragazza possessiva. Riesce a sposarla, ma ben presto ne diviene succube. Conosce un’altra ragazza, più comprensiva, ma la libertà resta una chimera... «Pietro Germi torna a dubitare del genere umano, come nei suoi periodi migliori, ma con un pessimismo da riformista deluso e temporaneamente corrucciato che, per incattivire più di tanto, deve far appello alla misoginia, dato che per lui, in fondo, questo è pur sempre il migliore dei mondi possibile» (Cosulich).

mercoledì 14
ore 16.00
Amore mio aiutami (1969)
Regia: Alberto Sordi; soggetto­: Rodolfo Sonego; sceneggiatura: R. Sonego, Tullio Pinelli, A. Sordi; interpreti: A. Sordi, Monica Vitti, Silvano Tranquilli, Ugo Gregoretti; origine: Italia; durata: 124’

Un direttore di banca, felicemente sposato da anni, si atteggia a uomo moderno e anticonformista, ma quando la moglie gli rivela di amare un altro, dà i numeri, svelando la sua vera maschera. Sordi mette alla berlina i tabù della società e del costume italici, duettando splendidamente con la Vitti, in uno dei suoi film più costruiti, assolutamente privo di “macchiettismi”.

ore 18.00
incontro con Tullio Pinelli e Carlo Alberto Pinelli

ore 19.00
89 e mezzo - Un incontro con Tullio Pinelli (1998)
Regia: Carlo Alberto Pinelli; soggetto e sceneggiatura: C. A. Pinelli; fotografia: Alessandro Ojetti; montaggio: Alberto Ena; produzione: Tecno 77 per RAI International; durata: 68’
Carlo Alberto Pinelli mette in luce il percorso artistico del padre Tullio, dalla prima giovinezza al sodalizio con Cesare Pavese e al successo come autore teatrale e cinematografico.
ingresso gratuito

ore 20.30
Speriamo che sia femmina (1986)
Regia: Mario Monicelli; soggetto: Tullio Pinelli; sceneggiatura: Leo Benvenuti, Tullio De Bernardi, Suso Cecchi d’Amico, T. Pinelli, M. Monicelli; interpreti: Liv Ullmann, Catherine Deneuve, Philippe Noiret, Bernard Blier; origine: Italia/Francia; durata: 119’
Le vicissitudini di una famiglia “al femminile” che gestisce un’azienda agricola. «Grande film borghese che arricchisce il povero panorama del cinema italiano degli anni ’80 per il sapiente impasto di toni drammatici, umoristici e grotteschi, la splendida galleria di ritratti femminili, la continua oscillazione tra leggerezza e gravità, il modo con cui – senza forzature ideologiche – sviluppa il discorso sull’assenza, la debolezza, l’egoismo dei maschi» (Morandini).

giovedì 15
ore 17.00
Le miserie del signor Travet (1946)
Regia: Mario Soldati; soggetto: dalla commedia Le miserie di monsù Travet di Vittorio Bersezio; sceneggiatura: Aldo De Benedetti, Carlo Musso, Tullio Pinelli; interpreti: Carlo Campanini, Vera Carmi, Alberto Sordi, Gianni Agus; origine: Italia; durata: 100’
A Torino Ignazio Travet, solerte funzionario dell’amministrazione regia, subisce al lavoro l’ostilità del capo, che gli nega ogni possibilità di carriera, e a casa le vessazioni della moglie. Ritratto umoristico di Soldati che stempera il realismo originario della commedia di Bersezio del 1863. Nastro d’argento come miglior attore non protagonista a Gino Cervi e per la miglior scenografia a Piero Filippone.

ore 19.00
Dermosfera - L’universo della pelle (1989)
Regia: Carlo Alberto Pinelli; soggetto e sceneggiatura: C. A. Pinelli; fotografia: Vittorio Dragonetti; montaggio: Armando Portone; produzione: H2O film per la Fidia farmaceutici; durata: 75’
Riuscito tentativo di rendere un argomento rigorosamente scientifico spettacolare e coinvolgente come un viaggio avventuroso su un pianeta sconosciuto. Due anni di lavoro per un documentario che ha vinto numerosi premi internazionali ed è stato presentato in anteprima negli studi dell’MGM di New York.
ingresso gratuito

ore 20.30
Ritorno all’Hindu Kush (2000)
Regia: Carlo Alberto Pinelli; a cura di C. A. Pinelli e Enrico Pergolini; testi di C. A. Pinelli; fotografia: E. Pergolini; montaggio: Alberto Ena; produzione: Tecno 77 per Rai Tre (Geo & Geo); durata: 52’
Dopo quarant’anni di assenza Carlo Alberto Pinelli ritorna nella valle montana del Chitral che aveva visitato in gioventù, come partecipante di una spedizione alpinistica guidata dal famoso orientalista Fosco Maraini. Particolarmente commoventi gli incontri con i valligiani che, allora, avevano collaborato con la spedizione. Drammatico il finale, nell’Afghanistan del 2000, dilaniato dalla guerra tra i Talebani e l’alleanza del Nord.
ingresso gratuito

ore 21.30

La strada (1954)

Regia: Federico Fellini; soggetto: F. Fellini, Tullio Pinelli; sceneggiatura: F. Fellini, T. Pinelli, Ennio Flaiano; interpreti: Giulietta Masina, Anthony Quinn, Richard Basehart, Aldo Silvani; origine: Italia; durata: 107’
L’ingenua Gelsomina gira per l’Italia insieme al rozzo Zampanò, che si esibisce nei paesini con giochi di forza. Gelsomina stringe amicizia con un funambolo, il Matto, ma Zampanò lo uccide. «Parabola cristiana sul peccato, apologo sulla condizione umana in generale e della donna in particolare, è anche una picaresca escursione attraverso i paesaggi dell’Appennino Centrale» (Morandini). Oscar per il miglior film straniero nel 1956.

venerdì 16
Jack Palance, un duro a Cinecittà
Walter Palahniuk, in arte Jack Palance, recentemente scomparso, è stato uno dei volti più famosi del cinema americano. Più che un volto, una maschera creata dalla mano del chirurgo plastico, che lo operò dopo l’incendio sull’aereo che egli pilotava durante la seconda guerra mondiale. Un evento tragico al quale è legata la sua fortuna: nel giro di pochi anni, negli anni Cinquanta, Palance si impose all’attenzione della critica e del pubblico in film come Il cavaliere della valle solitaria di Stevens, Il grande coltello e Prima linea di Aldrich, fino a raggiungere la maturità artistica, nel decennio successivo, con Barabba di Fleischer, Il disprezzo di Godard e I professionisti di Brooks. Con il passare degli anni la sua maschera si piegò a sfumature di (auto)ironia, consentendogli ruoli anomali (il pittore di Bagdad Café) e simpatiche caratterizzazioni (il vecchio cowboy di Scappo dalla città che gli è valso l’Oscar per il miglior attore non protagonista).
Negli anni Settanta Jack Palance lavorò spesso nel cinema italiano, in ruoli che esaltavano la sua immagine di duro senza scrupoli, sia nei western che nei polizieschi. La Cineteca Nazionale gli rende omaggio proponendo tre delle sue più significative interpretazione a Cinecittà (e dintorni).

ore 17.00
Il mercenario (1968)
Regia: Sergio Corbucci; soggetto: Franco Solinas, Giorgio Arlorio; sceneggiatura: Luciano Vincenzoni con la collaborazione di Sergio Spina, Adriano Bolzoni, S. Corbucci; interpreti: Franco Nero, Tony Musante, Jack Palance, Giovanna Ralli; origine: Italia/Spagna; durata: 105’

Paco Roman assolda il mercenario Sergei Kowalski per fare la rivoluzione. La sua donna, Columba, lo mette in guardia dal cinismo del “polacco”, mentre alle loro spalla il cattivo di turno, il ricciolo, è pronto a vendicarsi. Ottimo western all’italiana che assorbe il clima del ’68 innestando il tema della rivoluzione nella consueta corsa all’oro. Nero e Musante (in un ruolo inconsueto per lui) duettano simpaticamente, mentre Palance si concede, fin dall’inconsueto taglio di capelli, una dose di ironia. Citazione di Un tram che si chiama desiderio di Kazan, con la differenza che lo Stanley Kowalski, interpretato da Brando, odiava quando lo chiamavano polacco, mentre Franco Nero non fa una piega. E non pensa alle donne, ma solo al denaro.

ore 19.00
Vamos a matar compañeros (1970)
Regia: Sergio Corbucci; soggetto: S. Corbucci; sceneggiatura: Dino Maiuri, Massimo De Rita, Fritz Ebert, S. Corbucci; interpreti: Franco Nero, Tomas Milian, Jack Palance, Fernando Rey; origine: Italia/Spagna/Germania; durata: 121’
In Messico lo svedese Yod, un mercante d’armi, cerca di impossessarsi di un tesoro, ma è coinvolto nella rivoluzione al fianco di un gruppo di studenti. «Spaghetti-western spettacolare e di grande successo, che cerca di aggiornare il genere con riferimenti all’attualità guerrigliera e sessantottesca» (Mereghetti). Corbucci “rifà” I mercenari, sostituendo Tony Musante con Tomas Milian, dando più spessore al cattivo interpretato da Jack Palance, vero e proprio cavaliere della morte, e mutando le origini del personaggio di Franco Nero, non più polacco, ma svedese. Non cambia la filosofia: da una parte il denaro, dall’altra rivoluzione. In mezzo i nostri eroi.

ore 21.00
I padroni della città (1976)
Regia: Fernando Di Leo; soggetto: F. Di Leo; sceneggiatura: Peter Berling, F. Di Leo; interpreti: Jack Palance, Al Cliver, Harry Baer, Vittorio Caprioli, Edmund Purdom; origine: Italia/Germania; durata: 98’
«Durante la mia adolescenza lavoravo come commesso in un video-store di Santa Monica ed è stata significativa per la mia professione una delle prime cassette che ho visto: I padroni della città. Non sapevo che il film fosse italiano e neanche avevo mai sentito il nome di Fernando Di Leo: ricordo soltanto che dopo quella visione rimasi totalmente folgorato... Di Leo aveva realizzato fra le strade di Roma una storia di gangster che avrebbe potuto benissimo essere stata girata da Don Siegel: c’era la stessa grinta nella regia, la stessa secchezza dei grandi noir americani. E Jack Palance, poi, era semplicemente grandioso nella parte dello sfregiato». Parola di Quentin Tarantino.

17-28 febbraio
Krzysztof Kieslowski: il caso e la necessità
«Se Kieslowski dichiarava il pessimismo della sua ragione, lo faceva senza perdere quella “speranza che comunicare sia possibile” che nasce dal dialogo costante con le proprie domande, dal filo ininterrotto con le proprie emozioni. In un certo senso, il suo è un cinema senza messaggio, perché tende a precedere il messaggio per esprimere le emozioni ancora inarticolate, e avvicinarsi così a vedere chiaro in quell’intreccio di caso e necessità che è il mondo. Quello dei suoi film è un mondo senza certezze, a cui viene sottratto il punto di vista super partes che accomuna lo sguardo del narratore a quello di Dio. Ma è proprio quest’assenza di certezze a rendere l’atto di vivere grande, meraviglioso. La vita per Kieslowski era già un miracolo inspiegabile, che non ha bisogno dello sguardo di un Dio per manifestarsi. Basta lo sguardo appassionato di un uomo che non smette di farsi domande, per farla emergere in tutta la sua forza». (Serafino Murri, 13 marzo 1996)
La rassegna intende presentare una ricca selezione dell’opera del maestro polacco – morto quasi undici anni fa, nel marzo 1996 – cercando di spaziare dai titoli polacchi meno noti e diffusi in Italia (La tranquillità, La cicatrice, Il cineamatore, Senza fine), sino ai capolavori internazionali (Il Decalogo, La doppia vita di Veronica).
L’omaggio a Kieslowski è stato realizzato dal Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale in collaborazione con la Filmoteka Narodowa di Varsavia, con l’Istituto Polacco di Cultura a Roma e con il Cinit (Cineforum Italiano).
Programma a cura di Lorenzo Pompeo

sabato 17
ore 17.00
Trois coleurs: film bleu (Tre colori: film blu, 1992)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Juliette Binoche, Benoit Regent, Hélène Vincent, Florence Pernel; origine: Francia/Polonia; durata: 99’
Julie sopravvive a un grave incidente stradale, nel quale perde la vita suo marito, un celebre compositore, e sua figlia. Dopo aver tentato un suicidio, uscita dall’ospedale, decide di vendere la casa dove abitava la famiglia per liberarsi di ogni ricordo del passato e si trasferisce a Parigi. Viene a sapere che il marito aveva un’amante. Leone d’oro a Venezia.
copia proveniente dal Museo Nazionale del Cinema di Torino

ore 19.00
Trois coleurs: film blanc (Tre colori: film bianco, 1993)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Zbigniew Zamachowski, Julie Delpy, Janosz Gajos, Jerzy Stuhr; origine: Francia/Polonia; durata: 91’
Karol, un parrucchiere polacco, dopo aver sposato la bella Dominique, è vittima di una impotenza psicologica. La moglie lo ripudierà, riducendolo a chiedere l’elemosina nella metropolitana. Parte per la Polonia chiuso in una valigia. Qui fa fortuna ed escogita una trappola per attirare la sua ex-moglie.

copia proveniente dal Museo Nazionale del Cinema di Torino

ore 21.00

Trois coleurs: film rouge (Tre colori: film rosso, 1994)

Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Irene Jacob, Jean-Louis Trintignant, Jean Pierre Lorit, Frédérique Freder; origine: Francia/Polonia; durata: 96’
Valentine, una giovane modella, investe un cane alla guida della sua macchina. Soccorre il cane, controlla l’indirizzo e si mette in cerca del padrone. Trova, in una villa, un anziano gentiluomo che vive abbandonato a se stesso spiando le conversazioni telefoniche. Ma grazie alla amicizia che stringe con la modella, il giudice trova una via d’uscita dalla sua misantropia. Ultimo film di Kieslowski, che morirà dopo appena due anni.
copia proveniente dal Museo Nazionale del Cinema di Torino

domenica 18
ore 17.00
Bez konca (Senza fine, 1984)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Grazyna Szapolowska, Maria Pakulnis, Aleksander Bardini, Jerzy Radziwillowicz; origine: Polonia; durata: 104’
Ursula perde il marito Antoni, il quale compare nel film sotto forma di presenza che osserva i fatti. Lei è inseguita da Joanna, moglie di Dariusz, un attivista di Solidarnosc in carcere, cliente del marito, che rifiuta qualsiasi compromesso malgrado i consigli del suo anziano avvocato (maestro di Antoni). Solo ora Ursula si rende conto di quanto fosse profondo il suo legame col suo ex-marito e per provare a dimenticarlo, si fa ipnotizzare, ottenendo il risultato opposto (nel corso dell’ipnosi rivede Antoni). Il film, nel quale per la prima volta la protagonista è femminile, segna l’inizio del fortunato sodalizio con Krzysztof Piesiewicz, che collaborerà alle sceneggiature di tutti i suoi film successivi.

ore 19.00
incontro con Krzysztof Wierzbicki

ore 20.00
I’m so-so (Sto così così, 1995)
Regia e sceneggiatura: Krzysztof Wierzbicki; origine: Polonia/Danimarca; durata: 56’
Realizzato da Krzysztof Wierzbicki, assistente dei primi film di Kieslowski (Blizna, Amator), questo documentario, premiato ai festival di Karlovy Vary e di Marsiglia, è una delle ultime interviste rilasciate dal grande maestro polacco prima della sua improvvisa scomparsa. Kieslowski, all’apice del suo successo mondiale, confida ad un vecchio amico ricordi e segreti di una lunga carriera.

ore 21.00
La double vie de Véronique (La doppia vita di Veronica, 1991)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Irene Jacob, Aleksander Bardini, Wladislaw Kowalski, Halina Griglaszewska; origine: Francia/Polonia; durata: 98’
Weronika è una giovane e brava cantante che vive in Polonia. Fa un provino per entrare in un coro e riesce a vincerlo, ma è gravemente malata di cuore. Nel giorno del suo esordio a teatro muore improvvisamente sulla scena. Véronique vive in Francia. Anche lei canta molto bene e anche lei soffre di cuore. Un marionettista le spiega il significato delle sue strane premonizioni con l’esistenza di un “doppio” in Polonia, con la quale Véronique si è fortuitamente incontrata nel corso di una manifestazione di piazza. Primo film di Kieslowski prodotto all’estero. Premio a Cannes per l’interprete femminile.
copia proveniente dal Museo Nazionale del Cinema di Torino

lunedì 19
chiuso

martedì 20
ore 17.00
Blizna (La cicatrice, 1976)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto: Romuald Karas; sceneggiatura: K. Kieslowski; dialoghi: Krzysztof Kieslowski, Romuald Karas; interpreti: Fraciszek Pieczka, Jerzy Stuhr, Mariusz Dmochowski, Halina Winiarska; origine: Polonia; durata: 104’
L’ascesa e il tramonto di Bednarz, un onesto dirigente di partito che si impegna nella costruzione di una grande fabbrica proprio nel suo paese, dove scopre che la popolazione è contraria alla realizzazione di questo progetto. Lungometraggio d’esordio di Krzysztof Kieslowski, allora oscuro regista di documentari (il film viene considerato un passaggio tra il documentario e la finzione). Passò del tutto inosservato, ma alcuni temi della sua filmografia (le inquietudini morali, l’attenzione alla realtà politica e sociale) sono già evidenti.

ore 19.00
Spokoj (La tranquillità, 1976)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski da una novella di Lech Borski; dialoghi: K. Kieslowski, Jerzy Stuhr; interpreti: Jerzy Stuhr, Izabella Olszewska, Jerzy Trela, Michal Szulkiewicz; origine: Polonia; durata: 44’
Antek Gralak è un operaio che, dopo tre anni di prigione per rissa, vuole rifarsi una vita. Si trasferisce in Slesia e lavora in un cantiere, dove si scopre che qualcuno vende materiale al mercato nero. Gli operai protestano e scioperano, ma Gralak non vuole assolutamente saperne. Tuttavia quando il direttore del cantiere, coinvolto nel traffico di materiale edile, decide il licenziamento degli attivisti operai, Gralak lo accusa apertamente. Il film, girato in 16mm e per la televisione polacca, venne “congelato” per quattro anni (fu proiettato solo nel 1980) perché trattava temi poco graditi al regime. Ottima l’interpretazione di Jerzy Stuhr (il quale collaborò anche ai dialoghi), che divenne uno degli attori preferiti di Kieslowski.

ore 20.00
tavola rotonda con Serafino Murri, Jerzy Stuhr e Sergio Toffetti

ore 21.00
Amator (Il cineamatore, 1979)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski; dialoghi: K. Kieslowski e Jerzy Stuhr; interpreti: Jerzy Stuhr, Malgorzata Zabrowska, Ewa Pokas, Stefan Czyzewski; origine: Polonia; durata: 112’
Filip Mosz, economo di un’azienda statale, in occasione della nascita di sua figlia, compra una cinepresa per riprendere il lieto evento. Venutolo a sapere, il direttore gli chiede di filmare una festa della fabbrica e gli regala un cavalletto. L’economo si appassiona al cinema e comincia a girare film amatoriali, ma nello stesso tempo il suo rapporto con la moglie è sempre più difficile. Il film, vincitore al Festival del cinema polacco di Gdynia e di altri premi a Mosca e Berlino, ha segnato il primo successo del regista polacco. Zanussi interpreta se stesso.

mercoledì 21
ore 17.00
Przypadek (Il destino cieco, 1981)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski; interpreti: Boguslaw Linda, Tadeusz Lomnicki, Boguslawa Pawelec, Zbigniew Zapasiewicz; origine: Polonia; durata: 122’
Witek, uno studente di medicina, avendo saputo della morte del padre, sta per prendere un treno per Varsavia. Tre sono le possibili variazioni che, in seguito a questo episodio banale, potrebbero influenzare il resto della sua vita: Witek prende il treno, incontra un comunista onesto e diventa un attivista del Partito. Oppure, nel secondo episodio, corre per prendere un treno e urta contro un agente della polizia ferroviaria e viene arrestato. Infine, nel terzo episodio, perde il treno e incontra una ragazza che aveva conosciuto all’università.

ore 19.15
Krótki film o zabijaniu (Breve film sull’uccidere, 1987)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Mirosław Baka, Krzysztof Globisz, Jan Tesarz, Zbigniew Zapasiewicz; origine: Polonia; durata: 85’
Un giovane sbandato uccide un tassista in modo atroce e senza un apparente motivo. È condannato a morte e impiccato. La costruzione narrativa segue parallelamente i percorsi di tre personaggi (il ragazzo, il tassista e il giovane avvocato difensore). Versione più lunga destinata alle sale e inedita in Italia del Decalogo 5. Già nella versione breve era uno degli episodi più toccanti dell’intera serie; rimane esemplare per la freddezza dell’osservazione, per la durezza degli omicidi (ne traspare in tutta la sua crudezza il “male” insensato dell’uccidere) e per l’ottima fotografia di Idziak. Pur osteggiato all’epoca in patria, permise a Kieslowski (che vinse il Premio Speciale della Giuria a Cannes) di farsi conoscere a livello internazionale.

ore 21.00
Krótki film o milosci (Non desiderare la donna d’altri, 1988)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Grazyna Szapolowska, Olaf Lubaszenko, Stefania Iwinska, Artur Barcis; origine: Polonia; durata: 87’
Tomek, un diciannovenne impiegato alle poste, spia la sua bella vicina Magda con un cannocchiale. Questa attività subordina tutto il resto e diventa una specie di lavoro. Per poterla vedere, Tomek le spedisce un falso avviso di pagamento da riscuotere all’ufficio postale dove lavora. Il ragazzo è così geloso che chiama un pronto intervento a nome di Magda per interrompere un suo approccio con un uomo. Quando Magda va per la seconda volta all’ufficio postale per riscuotere un falso mandato di pagamento, Tomek le dichiara il suo amore e le confessa che la sta spiando. Primo film dell’allora sconosciuto Kieslowski distribuito in Italia nell’autunno del 1989. Versione più lunga destinata alle sale del Decalogo 6.

giovedì 22
ore 18.00
I’m so and so (replica)

ore 19.00

Dekalog 1 (Decalogo 1, 1989)

Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Henryk Baranowski, Wojciech Klata, Maja Komorowska, Artur Barcis; origine: Polonia; durata: 53’
Il protagonista, Krzysztof, è un professore di linguistica che vive col figlio Pawel, un bambino intorno ai dieci anni dotato di una grande intelligenza. Tra i due c’è una grande intesa. Infatti il bambino, che ha trovato un cane morto, va dal padre a chiedergli cosa sia per lui la morte. Alla zia il bambino mostra con fierezza il suo computer, ma questa, scettica, vuole mostrargli anche i suoi limiti. Assieme al padre, Pawel sottopone al computer il problema se fosse potuto andare o meno a pattinare sul lago ghiacciato. Decide così di andare a pattinare.

ore 20.00
Dekalog 2 (Decalogo 2, 1988)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Krystyna Janda, Aleksander Bardini, Olgierd Lukaszewicz, Artur Barcis, Stanislaw Gawlik; origine: Polonia; durata: 57’

Dorota deve fronteggiare il ricovero del marito Andrzej, malato di cancro. Nello stesso palazzo abita il primario che lo ha in cura. Scopre di essere rimasta incinta di Janek, un amico di Andrzej che le era stata vicina nella malattia del marito. Dorota cerca il primario per chiedergli notizie sullo stato di salute del marito. Questi inizialmente si nega, ma quando accetta di parlarle con franchezza, le rivela la gravità del male.

ore 21.00
Dekalog 3 (Decalogo 3, 1989)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz. Fotografia: Piotr Sobocinski. Musica: Zbigniew Preisner. Interpreti: Daniel Olbrychski, Maria Pakulnis, Joanna Szczepkowska, Artur Barcis, Krystyna Drochocka, Krzysztof Kumor, Dorota Stalinska. Origine: Polonia. Durata: 56’
Alla vigilia di natale il tassista Janusz torna a casa vestito da Babbo Natale. Poi con tutta la famiglia vanno alla messa di mezzanotte. Qui incontra Ewa, una sua vecchia amante. Poco dopo questa chiede a Janusz aiutarla a cercare Edward, l’uomo per cui lei lo aveva lasciato tre anni prima. Insieme passano la notte a cercarlo dappertutto, alla stazione e negli ospedali, ma senza risultato.
per gentile concessione di Mikado Film

venerdì 23
ore 18.00

Dekalog 4 (Decalogo 4, 1989)

Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Adrianna Biedrzinska, Janusz Gajos, Artur Barcis, Adam Hanuszkiewicz, Jan Tesarz; origine: Polonia; durata: 55’

Anka è una studentessa dell’Accademia di arte drammatica. Vive col padre Michal, un architetto intorno alla quarantina. È il lunedì di pasqua e Michal deve partire. Anka trova a casa una busta sulla quale, con la calligrafia paterna, è scritto “aprire dopo la mia morte”. Dopo molte esitazioni decide di aprirla e dentro vi scopre una lettera di sua madre indirizzata a lei. Quando torna il padre Anka gli legge il contenuto della lettera della madre nella quale le dichiarava che Michal non era il suo vero padre.

ore 19.00
Dekalog 7 (Decalogo 7, 1989)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Anna Polony, Maja Berelkowska, Wladislaw Kowalski, Boguslaw Linda; origine: Polonia; durata: 55’
Majka è una ragazza che ha avuto una figlia nell’adolescenza da una relazione con il suo professore del liceo. Ma sua figlia Ania è stata sempre stata considerata figlia di Ewa, madre di Majka. Quest’ultima ha appena ricevuto un visto per il Canada e vorrebbe portar via con sé sua la figlia naturale, ma all’ufficio passaporti gli dicono che deve ricevere l’autorizzazione di Ewa, ovvero di quella che secondo i documenti è la madre della piccola. Majka allora rapisce la figlia e la porta da Wojtek, padre naturale di Ania.

ore 20.00
Dekalog 8 (Decalogo 8, 1989)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Maria Kosialkowska, Teresa Marczewska, Artur Barcis, Tadeusz Lomnicki; origine: Polonia; durata: 55’
Zofia è un’anziana insegnante di Filosofia Morale che tiene una lezione all’università sull’etica. A questa lezione assiste Elzbieta, la sua traduttrice americana, la quale le racconta la sua storia. L’insegnante si rende conto che Elzbieta era quella ragazzina ebrea che nel ’43 si era rifiutata di proteggere e che fortunosamente era sfuggita ai nazisti, così la invita a cena. Lungo la strada decidono di passare nel vecchio palazzo dove era successo l’episodio che Elzbieta aveva raccontato.
per gentile concessione di Mikado Film

ore 21.00
Blizna (replica)

sabato 24
ore 18.00
Dekalog 9 (Decalogo 9, 1989)
Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz; interpreti: Ewa Blaszczyk, Piotr Machalica, Artur Barcis, Jan Jankowski; origine: Polonia; durata: 58’
Roman, un affermato cardiologo, viene informato da un collega di essere diventato impotente. Va da Anna, la moglie, per riferirle la notizia. Lui cerca di convincerla dell’opportunità di lasciarlo, lei, al contrario, vuole rimanere al suo fianco. Il cardiologo, che si è insospettito per alcune telefonate mute che ha ricevuto a casa, applica una spia al telefono. Da alcune tracce scopre che la moglie aveva una relazione con uno studente, col quale si vedevano a casa della madre di Anna.

ore 19.00

Dekalog 10 (Decalogo 10, 1989)

Regia: Krzysztof Kieslowski; soggetto e sceneggiatura: K. Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz. Fotografia: Jacek Blawut. Musica: Zbigniew Preisner. Interpreti: Jerzy Stuhr, Zbigniew Zamachowski, Henryk Bista, Olaf Lubaszenko, Maciej Stuhr, Jerzy Turek, Anna Gornostaj, Henryk Majcherek, Elzbieta Panas, Dariusz Kozakiewicz. Origine: Polonia. Durata: 57’
Un uomo muore, lasciando in eredità ai suoi due figli, Jerzy e Artur, una preziosa collezione di francobolli. Anche se i due sanno ben poco dei francobolli, non vogliono venderla. Scoprono che un francobollo è molto importante per completare la collezione e per acquistarlo Jerzy dona un rene al proprietario del francobollo, che ne ha bisogno per sua figlia.
per gentile concessione di Mikado Film

ore 20.30
La double vie de Veronique (replica)
copia proveniente dal Museo Nazionale del Cinema di Torino

domenica 25
ore 17.00
Przypadek (replica)

ore 19.15
Krótki film i milosci (replica)

ore 21.00
Amator (replica)

lunedì 26
chiuso

martedì 27
ore 17.00
Krótki film o zabijaniu (replica)

ore 19.00
Bez konca (replica)

ore 21.00
Spokoj (replica)

mercoledì 28
ore 17.00
Trois coleurs: film bleu (replica)
copia proveniente dal Museo Nazionale del Cinema di Torino

ore 19.00
Trois coleurs: film blanc (replica)
copia proveniente dal Museo Nazionale del Cinema di Torino

ore 21.00
Trois coleurs: film rouge (replica)
copia proveniente dal Museo Nazionale del Cinema di Torino

Cinema Trevi - Cineteca Nazionale   Vicolo del Puttarello, 25   Info: 06.6781206 - www.snc.it

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